martedì 10 novembre 2009

Nel mio batiscafo buio, freddo, silenziosamente sto scendendo.
L'acqua inchiostro avvolge mostri marini, insolite orribili bestie
e la fune che mi lega alla terra diventa un capello sempre più fino.

La luce non ha il coraggio di arrivare sin qua giù. Galeoni naufragati prima di me per battaglie perse o battaglie mai avvenute, vele come fantasmi congelati, polene tristi mi indicano la rotta da seguire.

Sempre più veloce, il filo si sta per rompere e allora sarà più veloce la mia barca a raggiungere il suo porto da dove non salperà mai più.
Barchetta di carta avvolta su se stessa come un cartoccio di castagne fredde e inutili.

Ma si. Basta, basta battaglie, basta progetti, basta rotte nuove, basta conquiste, basta studiare le stelle e i venti, se alla fine solo l'inferno è l'unico porto che reclama la tua chiglia incrostata di sogni morti.

Nessuno guarderà più le cicatrici nel tuo cuore capitan fallimento. Nessun nostromo ti sarà più amico, nessun mozzo ti servirà fedelmente, nessun armatore ti consegnerà con fiducia i suoi legni, e per fortuna nessuna sirena canterà più per te.

Un moccolo di candela senza luce e senza calore, una bottiglia di aceto, una pipa spenta, e vecchie mappe ingiallite di ricordi, e segni, e rotte mai seguite, saranno il mio infinito presente.

Una vedova, vestita di nero, invecchiata di sale marino e di lacrime mi aspetta ancora in un porto che una volta era luminoso di feste al ritorno dei marinai dalla pesca e oggi è cimitero di ricordi.

E anche lei un giorno, sarà sabbia di mare, e tutto allora sarà veramente finito.